Corpo Unico - Quartetto Maurice - Amalia Franco - Giulia Lorusso

Corpo Unico - Opera sonora per corpi animati e corpi inanimati: per Quartetto d'archi - danzatrice - marionette - live electronics

by Quartetto Maurice - Amalia Franco - Giulia Lorusso 

 

Project supported by Metamorfosi Notturne, ProQuartet, La Terra Galleggiante.

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CORPO UNICO

Il punto di partenza è una certa opacità, l’incrinatura di un sistema referenziale stabile in cui solitamente siamo avvezzi riconoscere i generi, distinguere e porre confini

sicuri.

L’intento è quello di un sorpasso a destra, superare il concetto di multidisciplinarietà, vedere i generi dialogare, confrontarsi, sovrapporsi attraverso la creazione di un

unico corpo generatore. Un corpo indistinto, naturalmente sonoro, che non discrimina, il corpo-bambino di quando ancora non sa o non pensa d’essere altro dal

mondo. Forse un corpo vergognoso, senza discernimento alcuno.

Dunque, se razionalmente, fagocitati da un bisogno nominativo, saremmo spinti a guardare un quartetto d’archi+una performer+electronics, qui la creazione parte da

un sestetto, a superare il musicale, classicamente inteso, con il musicale stesso e non con la sua negazione; a superare l’atto performativo, danzato, parlato, attraverso

lo svuotamento d’ogni idea di rappresentazione e il suo riconoscimento come atto musicale. Nel ‘musicale’ la dimensione sonora è materia grezza, fluido attraverso il

quale veicolare un contenuto (un contenuto ‘musicale’, per l’appunto). Il musicale va oltre il sonoro e abbraccia l’azione, la scena, il movimento, la parola. Musicale è

come questi elementi si compenetrano, si fondono, è come interagiscono. Generare qualcosa di musicale significa, prima ancora che suono, ‘generare relazioni’:

relazioni fra suoni così come, a un secondo livello relazioni tra suono, danza e teatro e, a un terzo livello, relazioni fra persone. In fondo la vita stessa può esser

pensata e vissuta come atto musicale, e naturalmente anche l’amore.

Ancora dunque, dove inizia la musica? Dove finisce e comincia il gesto? Dove finisce il gesto e inizia la parola? Su questa stessa rotta, dove finisce il corpo del

musicista e comincia lo strumento? Dove finisce il corpo danzante e inizia il corpo inanimato di una marionetta?

Questo corpo unico a cui siamo volte è un corpo amoroso, un suono d’amore, un conato d’amore, un amore troppo amore, vergognoso, fuor d’ogni seduzione, un

amore sconsideratamente tanto, violentemente melenso, un amore mostruoso, un amore insopportabile.

‘(…) l’amore tende a sparire. Lo si considera spesso come un fenomeno storico, un’illusione culturale. Lo si studia, analizza – e se possibile, lo si guarisce.’ Bunuel

AL CENTRO: quattro musicisti, una viola, una danzatrice, due violini, tre marionette ibride, un violoncello, parole svuotate di significato costruendo un ulteriore ponte

possibile tra corpo e suono.

Un’opera in cui ogni artista coinvolto si possa esprimere nella sua natura più vera come musicista, compositrice, danzatrice/performer/marionettista e che sia la stessa

a confondere i confini, con la sua musica, con la sua immagine. La vicinanza fisica e l’assenza di gerarchia tra gli artisti è punto di partenza per confondere questi

confini. La condivisione di energie più che lo scambio di ruoli.

Il mezzo tecnologico è, per l’appunto un mezzo, mai un fine.

L’opera, specificatamente intesa nella sua connotazione di lavoro, pratica il corpo come superficie di scrittura, il violino scrive la musicista, sperimentandone la

possibilità di manipolazione e trasformazione, rivela o rileva l'aspetto epifenomenico dell'ibridazione tra organico e inorganico. Si tratta propriamente di una pratica di

spoliazione, che mira al vacillamento del soggetto e al cortocircuito d’ogni referenzialità. Si costruisce non attraverso la proposta di una scrittura a priori, sia essa

coreografica, drammaturgica, musicale, bensì nella presenza del corpo unico. Si parte dai materiali al centro.

La declinazione d’ogni materiale dipende dalla co-presenza nel corpo unico.